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ANATOMIE FORZATE | approfondimento

Con Anatomie Forzate di Angelo Gallo la Galleria 291 ha messo in campo la sua doppia anima: quella di spazio espositivo di Galleria 291 Est e quella di laboratorio di calcografia sostenibile di Galleria 291 Inc.
Fin dagli esordi, infatti, l’obiettivo della Galleria 291 è quello di coinvolgere gli artisti in una rinnovata bottega, nel senso rinascimentale del termine: non c’è quindi solo un discorso di promozione dell’artista, ma un percorso assistito alla valorizzazione dell’opera esposta, in un parallelo progettuale con la grafica d’arte.
Nel perseguire una programmatica divulgazione delle tecniche ecosostenibili, gli artisti vengono invitati a sperimentare i nuovi materiali e le possibilità che la calcografia offre: sia per sviluppare una coscienza ambientalista, sia per toccare con mano le potenzialità delle arti visive e delle tecniche incisorie nel contemporaneo.
Sostanzialmente, la pratica calcografica permette di ri-materializzare, in un amarcord analogico, l’essenza intangibile dell’immagine, alla quale siamo stati assoggettati con l’avvento del digitale.
Ed è, dunque, nel processo creativo, dall’inquadratura alla stampa, che la ricettività, la ricerca, la
conoscenza tecnica e soprattutto la manipolazione della materia da parte dell’artista, improntano
l’immagine digitale ad un’esperienza fisicamente reale.
Collaborando attivamente con Angelo Gallo, il progetto espositivo, nell’anatomia “censurata” di una sequela di uccelli, mutilati e omologati dai limiti che l’umanità ha imposto alla natura, consta di una serie di sovrapposizioni di stampa, pensate come stratificazioni di diverse elaborazioni tecniche. Ed è proprio nel sotteso processo calcografico che l’artista cosentino ha potuto approcciarsi alla sua prima esperienza nel campo del no-toxic e della photogravure.
Nel processo foto-meccanico della photogravure la luce ultravioletta interagisce con le sostanze fotopolimere che aderiscono alla lastra di rame per ricavarne un’immagine positiva; ma per poter essere stampata calcograficamente è necessario che su tutta la superficie della lastra sia presente una grana in incavo che catturi l’inchiostro necessario ad essere stampato. A questo scopo si procede con una doppia esposizione: prima si espone la lastra sensibilizzata con una trama che simula un’acquatinta, poi si ripete il processo con la pellicola del positivo. Ne consegue che l’intensità della grana, utile alla stampa, sarà relativa alla quantità di luce UV che il positivo lascerà passare.
Nello specifico, nella photogravure utilizzata da Gallo, definita propriamente intaglio type, sono stati riprodotti i gesti di Niépce e Talbot e della loro tecnica, ma in un’evoluzione degli stessi processi, si è proceduto alla sostituzione delle sostanze nocive con un fotopolimero solubile io soda, con particolari vantaggi per gli addetti di laboratorio e per l’ambiente.
Il no-toxic è presente in tutte le lavorazioni dall’acquaforte alla photogravure fino alla stampa per la quale sono stati utilizzati inchiostri idrosolubili. Ogni singola immagine è stata scomposta su tre lastre differenti, due fotografiche e una ad acquaforte: una combinazione di disegno a mano libera e impressione fotografica.

Questa scomposizione in layer, che separa il colore dalla forma umana, sottolinea l’intervento di
manipolazione che l’artista ha operato sullo scatto fotografico e sulla sua elaborazione digitale.
Ed è proprio la forza identitaria di una tecnica personalizzata, nella quale l’anatomia animale è una riduzione grafica ed una sintesi di concetto nella manipolazione del corpo umano, ad aver condotto Gallo a scegliere di incidere a mano l’ultima matrice.
Tutto questo articolato procedimento per ogni singola stampa si traduce in una continua sperimentazione, data dalla versatilità del processo e dei materiali usati. Ed è proprio grazie alle variabili, dalla scelta del supporto a quella delle sostanze reagenti alla luce UV, dai tempi di esposizione alla natura degli inchiostri calcografici e alla stesura degli stessi eseguita a mano fino alla pressione del torchio di stampa, che il risultato – nonostante l’operazione sia apparentemente meccanica- acquista il valore artistico.

Vania Caruso